
La vista peggiore del mondo
10 Aprile 2023
di Jasmina Trifoni
Grazie alla basilica costruita nel punto che la tradizione cristiana identifica come la grotta della natività di Gesù, Betlemme ha il primato dell’unica meta turistica (di massa, in un certo senso) dei Territori Occupati della Palestina. Ma – intruppati nei bus che arrivano da Gerusalemme, distante appena sei chilometri – la stragrande maggioranza dei pellegrini cristiani non si rende conto che per arrivare qui ha attraversato (peraltro, e soltanto per loro, in modo assolutamente indolore) l’odioso muro che, lungo 810 chilometri, dal 2003 segna il confine tra Israele e la West Bank palestinese. Costato 1,3 miliardi di dollari, rappresenta il più grande progetto infrastrutturale dello Stato ebraico, eretto in aperta violazione delle leggi internazionali e dei diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite. A sorpresa, anche per l’altrimenti piuttosto precisa app Google Maps quell’alta barriera di cemento armato scandita da torri di guardia e check point, semplicemente, non esiste. Provare per credere.
Esiste eccome, invece, per la gente di qui e, per qualche giorno, anche per me. L’alto muro di cemento, ad appena cinque metri di distanza, è il panorama che mi schiaccia, dalla mia camera. E anche da tutte le altre perché, con appena 25 minuti di luce diretta al giorno, il Walled Off Hotel ha il primato dell’albergo con la vista peggiore del mondo. Con un nome – e un logo – che sono un’interpretazione amaramente ironica del suo “collega” newyorkese, il Waldorf Astoria, e ricavato in gran segreto nel 2017 da un ex laboratorio di ceramica, è il più concreto gesto politico dell’artista britannico Banksy, che ne è anche il proprietario. Lui, in modo tanto efficace quanto laconico, lo definisce cosi: “È un antidoto (disposto su tre piani) al fanatismo, con limitate possibilità di parcheggio”. Il Walled Off Hotel ha nove camere – compresa un’esagerata Presidential Suite – e un dormitorio con letti a castello sottratti a una caserma israeliana abbandonata in un blitz notturno. Gli arredi e le opere, dai busti classici ai quali sono state aggiunte maschere antigas alla “parete di trofei” con le telecamere puntate sul popolo palestinese al posto degli animali impagliati, tutti lavori originali di Banksy, sono in un distopico stile coloniale. E rimarcano che tutta la questione palestinese aveva avuto inizio il 2 novembre 1917, con la Dichiarazione di Balfour, nel quale il governo britannico aveva promesso al movimento sionista una patria ebraica in Palestina.
Per quanto abbia un servizio attento e il suo barman sia capace di preparare ottimi e fantasiosi cocktail, il Walled Off non è soltanto un hotel: racchiude un museo dove la storia di questi luoghi è spiegata in modo accurato ed efficace e una galleria d’arte nel quale gli artisti palestinesi, della West Bank e di Gaza, mostrano i loro lavori, raggiungendo così un pubblico internazionale al quale altrimenti non avrebbero accesso. Banksy – che, come è noto, ha fatto dell’anonimato la sua cifra – non c’è, e quando viene lo fa sotto mentite spoglie, mentre il personale che ci lavora proviene in gran parte dal campo profughi di Aida, che si trova a cinque minuti a piedi da qui, raggiungibile attraverso un sentiero lungo il muro. L’albergo organizza anche visite al campo che, nato settant’anni fa, ha una densità abitativa che fa impallidire quella degli slum indiani, acqua corrente e luce a intermittenza. E ha l’orribile primato del luogo più bombardato da gas lacrimogeni del pianeta.
Se, per i più, il Walled Off Hotel così come le moltissime opere di street art – di Banksy, ma anche di altri suoi più o meno celebri colleghi, da tutto il mondo, compreso l’italiano Jorit, che per aver ritratto qui il volto di Ahed Tamimi, la ragazzina 16enne arrestata per aver schiaffeggiato un soldato israeliano, ha un foglio di via a vita da Israele e dai Territori – sono considerati atti di attivismo creativo, molto più condivisibili della lotta armata, alcuni palestinesi lamentano il fatto che si possa
fare del turismo sulla loro tragedia. Lo stesso Banksy aveva raccontato di un anziano palestinese che lo aveva approcciato mentre disegnava la sua ormai famosa scena del soldato israeliano che chiede i documenti a un asino al check point. «È bello», aveva detto il vecchio. Banksy lo aveva ringraziato, e lui aveva risposto: «Non voglio che il muro diventi bello. Vattene via».
Punti di vista. Vero è che c’è chi, a molti chilometri da Betlemme, sfrutta la questione palestinese e la popolarità di Banksy a scopi puramente commerciali. Come tutte le mostre dell’arte di Banksy, e relativo merchandising, che proliferano in tutto il mondo, e sono tutte non autorizzate dall’artista, anche il Walled Off Hotel ha un fake, identico all’originale persino nel sito internet. Si tratta del Walled Off Hotel di Parigi, che accoglie gli spesso ignari ospiti in Rue Fauburg Montmartre. Un astuto imprenditore l’ha ricavato da un vecchio garage a due passi dall’Espace Lafayette-Drouot e dal 2019 ospita permanentemente il Banksy Museum. Anche quello non autorizzato, naturalmente.