Frames Blog Federico Serrani

Massimo Vitali: trovare se stessi nella moltitudine non ha tempo

17 Maggio 2021

 

Se potesse scegliere uno tra i momenti di tutta la sua carriera, sarebbe quello in cui ha fotografato la sua prima spiaggia a Marina di Pietrasanta, dando inconsapevolmente il via alla fase più soddisfacente del suo percorso di fotografo. 

 

Massimo Vitali, fotografo nato nel 1944 a Como e da anni toscano acquisito, ha iniziato molto presto a fare fotografie, a dodici anni, su invito di un amico e socio del padre Lamberto che gli regalò una macchina che ricorda ancora perfettamente, molto più delle prime foto che aveva scattato per collaudarla. Dopo svariate esperienze all’estero, per anni reporter insoddisfatto – le immagini dell’epoca, scattate prima degli anni Novanta, le ha conservate tutte, ma, confessa “le tengo nascoste nel mio archivio e forse non vedranno mai la luce” – dopo i primi scatti in una spiaggia ha intuito di aver trovato la strada giusta. 

“Mentre scattavo quei rullini non avevo assolutamente idea di quello che stavo facendo, né di quale sarebbe stato l’esito. L’ho scoperto solo qualche settimana dopo in camera oscura,” racconta Vitali dal suo studio a Lucca, in Toscana. Mentre sviluppava quei negativi a colori, e qualcuno in bianco e nero, ha intravisto il potenziale. “Ho cominciato a stampare le foto in vari modi, quelle in bianco e nero mi sembravano molto confuse, ma quelle a colori avevano qualcosa che mi ha entusiasmato, così ho continuato a lavorarci. Non mi sono lasciato scoraggiare da amici fotografi e critici ai quali avevo chiesto un parere e che non erano altrettanto convinti che fosse la direzione giusta per la mia ricerca. Non li ho ascoltati, e alla fine ho avuto ragione io!”

Scoprire la propria identità fotografica a cinquant’anni può essere una benedizione, forti di un percorso forse più tortuoso e spesso estenuante, ma sicuramente più ricco d’esperienza e di insegnamenti, compresi quelli della scuola di Dusseldorf, assorbiti in Germania, e quelli dei maestri del paesaggio italiano, a cui deve una certa ispirazione. Oggi quelle immagini prevalentemente balneari, ma non solo, dai colori chiarissimi e dall’atmosfera apparentemente sospesa eppure insieme inscindibile dal contesto storico cui appartiene, sono diventate iconiche e hanno fatto il giro del mondo, divenendo quotatissime nel mercato della fotografia d’arte. “Con la pandemia ho temuto che sarebbe crollato, ma io e i miei collaboratori non abbiamo visto uno stop, bensì un aumento di richieste. C’è sempre più gente che si interessa, cercando un contatto diretto, forse perché le persone hanno più tempo di stare al computer e di guardare.” 

 

Vitali, inoltre, ha deciso di abbassare leggermente i prezzi dei suoi lavori, proprio per agevolare chi, in questo momento storico vuole regalarsi un’opera senza tempo. Forse nelle fotografie di Vitali, spesso affollate di persone, che siano sul lungomare, su un prato parigino o a un concerto, oltre a una certa innegabile bellezza e un inspiegabile equilibrio cerchiamo quegli assembramenti che da un lato ci mancano e dall’altro ci causano un po’ di timore. In quelle immagini in grande formato, in cui avvicinandosi ci si può perdere, io trovo un pizzico di nostalgia e insieme di leggerezza e di rassicurazione. Ci trovo quasi un’altra epoca, e forse è davvero così, che la vogliamo intendere al passato oppure al futuro. 

Se la fotografia, oltre a farsi ammirare e ad avere una funzione decorativa, informativa, commerciale e di condivisione, ci serve a non dimenticare quello che succede e quello che è stato, possiamo senz’altro dire che le immagini di Vitali hanno anche una funzione predittiva, ricordandoci anche di quello che sarà di nuovo, se continuiamo a esercitare quella pazienza che i ritmi moderni avevano anestetizzato. Continuare a guardarle aiuta a crederci.

 

 

 

 

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