
Prendi l’arte e mettila in un frame – per renderla doppiamente immortale
1 Giugno 2021
parole di @ale_theia
Alla volta del Chianti per un weekend a base di vino, di cibo buono – e di pioggia, perché quello che ho scelto per la mia gita non è stato particolarmente clemente nelle condizioni atmosferiche – mi sono lasciata conquistare più dalle derive impreviste che dalle tappe programmate. Partita da Milano per spezzare l’andata via autostrada ho scelto come tappa per la pausa pranzo Pistoia, città toscana che non avevo prima mai visitato e nel cui centro città mi sono persa con piacere, apprezzando i colori delle sue chiese tipici dei marmi policromi della zona, le viette ancora tranquille in attesa dei turisti e soprattutto gli incontri imprevisti, come quello con Aurelio Amendola, o almeno, con il suo lavoro.
In cerca di un posto dove pranzare mi sono infatti imbattuta nei cartelloni che ne segnalavano la mostra, organizzata nelle due sedi espositive di Palazzo Buontalenti e l’Antico Palazzo dei Vescovi, a cura di Paola Goretti e Marco Meneguzzo, dedicata al suo lavoro di fotografo d’arte, presentato in quasi 300 immagini – la quasi totalità della sua produzione. AURELIO AMENDOLA | Un’antologia. Michelangelo, Burri, Warhol e gli altri, si articola in due grandi parti – Antico e Contemporaneo – che ripercorrono oltre 60 anni di attività e tutti i generi nei quali l’autore si è sperimentato, approfonditi da specifiche sezioni della mostra.
Amendola, nato proprio a Pistoia nel 1938, in bianco e nero ma anche a colori, ha saputo raccontare le opere in marmo scolpite dai più grandi artisti dell’antichità, che hanno disseminato il territorio toscano di capolavori, ma anche Roma, Milano e le altre città italiane che conservano la storia dell’arte che tanto ci invidiano. Per questo è stato ingaggiato come fotografo dell’Ermitage di San Pietroburgo, degli Uffizi, dei Musei Vaticani, del Vittoriale degli Italiani, e di numerose altre istituzioni museali nazionali e internazionali, che ha saputo interpretare con il suo sguardo armonioso, materiale – nel senso più nobile del termine – e anche sensuale.
Opere immobili, resistenti nel tempo grazie alla loro bellezza e alla materia marmore, ma anche vivi e creativi pittori e scultori contemporanei, ritratti nei loro studi, durante un processo creativo in divenire, mobile e che grazie a queste immagini viene quasi partecipato. Se le sculture di Michelangelo e di Canova, illuminate in maniera magistrale e inquadrate da più lati a volerne catturare dettagli quasi cinematografici, sembrano prendere vita nell’alternanza netta di luci e ombra, così gli “happenings” pirotecnici di Alberto Burri, le pennellate di Emilio Vedova nel suo studio a Venezia, e ancora Manzù, Kounellis, Warhol e tanti altri.
Che catturino i movimenti, le pennellate e i graffi, il riposo alla fine del procedimento creativo estremamente fisico di un’artista, che siano un ritratto ambientato in studio e in dialogo con l’opera compiuta, che scoprano pieghe a loro modo inedite nell’abito della Madonna nella Pietà di Michelangelo, le foto di Amendola sono insieme documento storico e soggettivo filtro di interpretazione che regala nuova dignità e interesse a visioni del mondo che di per sé non ne avrebbero avuto forse bisogno, ma che ci vengono restituite con grande potenza.
Questa splendida mostra, che vi invito a non perdere, sarà disponibile fino al 25 luglio. Se proprio proprio non doveste fare in tempo, c’è sempre l’occasione di ammirare le sue immagini a Locarno, in una mostra a Casa Rusca inaugurata a fine marzo che rimarrà visitabile fino al 19 settembre, dedicata a sua volta alle sue due anime, quella di amante dell’antico e quella di abile ritrattista dei principali protagonisti internazionali dell’arte del Novecento. Non ho visitato quest’ultima e non posso dunque offrirvi un paragone. Di certo c’è che riscoprire un artista nella città che gli ha dato i natali e le prime ispirazioni regala una piccola magia.